Lo chiamano “the Day of Anger”, il giorno della rabbia. L’onda della rivolta non si ferma, avanza, porta con sé anni di oppressione e silenzi. Dalla Tunisia all’Egitto, fino allo Yemen, al Bahrein e all’Iran, adesso è il turno della Libia, governata da Muhammar Gheddafi, il più longevo capo di stato dei paesi nord africani. Quarantuno anni di dominio assoluto. Per domani gli oppositori del regime libico hanno organizzato una grande manifestazione nella capitale, con l’aiuto di Internet, il grande supporto di questa rivoluzione popolare che sta attraversando il Nord Africa.
La protesta ha avuto inizio nella cittadina di Benghazi, nell’est del paese, la seconda più grande della Libia. A innescarla, si legge sul quotidiano britannico “The Guardian”, i parenti di un gruppo di detenuti uccisi nel 1996 durante una sparatoria nel carcere Abu Salim a Tripoli. Per tutta la notte hanno protestato all’esterno della sede locale del governo per chiedere il rilascio di Fethi Tarbel, avvocato e attivista dei diritti umani a capo della commissione per le vittime della strage di Abu Salim. Secondo il sito del giornale “Qurina”, vicino al figlio di Gheddafi, l’uomo sarebbe stato rilasciato, in seguito alle pressioni dei familiari dei detenuti. Troppo tardi, la folla è aumentata di ora in ora, si è unita ai parenti delle vittime, poi si è spostata in piazza Shajara e lì gli scontri con la polizia e con i sostenitori del governo non si sono fatti aspettare. “Questa notte è stato brutto – ha raccontato testimone alla Bbc – c’erano almeno 2000 persone che hanno iniziato a lanciare pietre. Secondo fonti ufficiali della Bbc, la polizia è intervenuta con proiettili di gomma e idranti con un bilancio di due morti e alcuni feriti.
I “pro Mubarak” si sono riuniti nella piazza Verde di Tripoli. Domani sarà la volta degli oppositori. “Quello che è successo a Benghasi – dice Frank Gardner, corrispondente in Libia per la Bbc – non sarà un caso isolato, ma è destinato a propagarsi per tutta la Libia e a continuare”. Prima sarebbe stato impensabile, ma dopo caduta di Ben Alì e Mubarak e il coraggio della popolazione iraniane di risollevarsi di nuovo dopo gli incidenti di un anno fa, tutto sembra possibile.
LUDOVICA CRISCITIELLO
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