mercoledì 9 febbraio 2011

Così "Il Mattino" salutò l'inizio del XX Secolo: l'editoriale di Scarfoglio del 1° gennaio 1900

Centoundici anni fa il Mattino di Napoli aveva quattro pagine, cinque colonne e nessuna foto. L'editoriale che il 1° gennaio 1900 aprì la prima pagina fu affidato alla penna di Tartarin, pseudonimo del fondatore e allora direttore del quotidiano napoletano, Edoardo Scarfoglio. Ve lo riportiamo integralmente:

"Il secolo che noi abbiamo visto finire è uno dei più densi, dei più gloriosi, dei più grandi che la storia dell'umanità ricordi: solo il secolo XV, il secolo del Rinascimento, della scoperta dell'America [...] può reggere il paragone. Apertosi con l'epopea napoleonica e col trionfo della borghesia liberale sull'aristrocrazia feudale in tutta Europa, esso ci ha dato la liberazione della Grecia e di quasi tutti i Balcani dal giogo ottomano, l'unità italiana, la fondazione dell'impero germanico e in genere la vittoria del principio di nazionalità in tutto il vecchio mondo europeo; ci ha dato l'invenzione del vapore e del telegrafo, e l'attuazione del vecchio sogno aristotelico della sostituzione della macchina all'uomo; ci ha dato una rivoluzione radicale nel metodo della ricerca scientifica; ci ha dato la caduta del potere temporale del Papa; ci ha dato la scoperta dell'Africa e di quanto ancora restava sconosciuto dell'Asia; ci ha dato il meraviglioso sviluppo della civiltà americana, la fondazione di tutto un mondo nell'Australia e nella Nuova Zelanda; ci ha dato la spartizione di tutta la superficie terrestre fra le nazioni d'Europa; ci ha dato, insomma, in tutti i campi, nel campo politico e nel campo morale, nel campo dell'economia pubblica e in quello della produzione scientifica e letteraria, una serie ininterrotta di trionfi meravigliosi e di giganteschi progressi della nostra nobile stirpe ariana.
L'uomo bianco può volgersi indietro a contemplar con orgoglio il secolo caduto ieri nel grande abisso storico: esso è stato per lui un bel secolo, secolo di lavoro colossale e di straordinaria elevazione, che ha esteso la sfera della sua conoscenza a tutto quanto v'ha di finito nell'universo e l'ha condotto alle porte dell'inconoscibile, che ha rinvigorito e rialzato l'umana personalità quanto non fu mai, che ha sottomesso al suo dominio tutte le razze inferiori, aprendogli già vietati porti della China (sic) e le tragiche vie del continente nero.
Vi furono momenti nella storia, nei quali l'uno o l'altro Stato, l'una o l'altra gente prevalse sulle altre, e attinse uno straordinario grado di potenza e di splendore; ma è la prima volta questa da che gli uomini lottano per l'esistenza, che tutta quanta una razza fiorisce insieme, e signoreggia la Terra con la forza delle sue armi e con la perfezione della sua civiltà.
E noi questa grande era vedemmo, ci possiamo reputar fortunati.

***

Che cosa riserba, a noi e alle generazioni che ci succederanno, il secolo cominciato oggi? La professione di augure è caduta di moda, e sarebbe puerile mettersi a fare gl'indovini. Tuttavia se, senza interrogar le viscere delle vittime, ci è lecito dedurre gli effetti lontani dalle cause a noi prossime, possiamo dire che una buona parte di questo secolo sarà riempita dalla lotta fra la plebe salariata e la borghesia capitalista e dalla presa di possesso dell'Africa.
La borghesia ha perduto in cento anni tutto lo spirito di combattività che la trascinò impetuosa e crudere alla Rivoluzione, e si lascerà strappare ad uno ad uno tutti i privilegi conquistati. L'occupazione effettiva e lo sfruttamento dell'Africa darà luogo a guerre sanguinose, come quella che si combatte ora nel Transvaal, e ad opere colossali come il taglio dell'istmo di Suez; e susciterà una rivoluzione economica gigantesca, della quale è impossibile misurare ora le conseguenze. Chi può dire quali masse di oro, di argento, di rame, di ferro, di carbone gitterà l'Africa sui mercati del mondo? Chi può dire che cosa diverrà la produzione dei cereali, quando le valli del Nilo, del Congo, del Niger, dello Zambese, i bacini dei grandi laghi equatoriali e del Nyassa, dello Tciad, dello Tzana biondeggiano di messi, quando le sterminate pianure africane popolate di coloni, irrigate, bonificate, esciranno dal periodo pastorale per entrare nella grande era dell'agricoltura? Chi può calcolare la mole di legnami, di materie oleifere, di spezie, di fibre tessili, di droghe, di colori, di medicinali, di vini, di frutta, di carni che si rovescerà sul mondo?
Non solo tutta quanta l'economia europea ne sarà sconvolta per modo, che forse il frumento, l'olivo e la vite spariranno dal bacino del Mediterraneo, ma anche l'America sarà colpita al cuore dal rapido rigoglio d'un universo vergine, che la mano dell'uomo bianco dissodatore di terre ed educatore di messi sta strappando alla barbarie.
Se qualche decennio di vita ci è ancora riservato, noi vedremo probabilmente di grandi cose ancora, e ancora davanti ai nostri occhi attoniti la faccia del mondo muterà radicalmente. Così possa, da tanto agitarsi di forze e di eventi, la nostra povera patria dedurre un riflusso di gioventù, uno slancio di attività e di energia, e cessare di appassire come un fico immaturo lasciato dal contadino sull'albero già nudo di foglie alla fine d'autunno".

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