giovedì 17 febbraio 2011

Bahrein: questa notte la polizia ha attaccato i manifestanti in Pearl Square a Manama

La piazza centrale di Manama, capitale del Bahrein, è piena di coperte, resti di tende e immondizia sparsa. Il silenzio è surreale, fino a poche ore fa invece l’inferno. La polizia del regime di Hamad bin Isa Al Khalifa, capo di Stato del Bahrein, ha attaccato un campo allestito dai manifestanti nella piazza. Hanno agito alle 3:15 della mattina, si legge sul quotidiano britannico The Guardian, per cogliere di sorpresa i dimostranti. Quattro morti, un centinaio di feriti. “Stavamo dormendo – racconta Nabeel Ebrahim – quando hanno cominciato a distruggere la nostra tenda, poi hanno lanciato gas lacrimogeni”. 



Accanto a lui due chirurghi dell’ospedale Salmanyia. Uno di loro, Sadik al Ikri, è stato medicato nella clinica dove lavora. “Ci hanno colpito più volte in testa, allo stomaco, dappertutto – ha detto uno dei suoi colleghi – abbiamo altri nove pazienti seriamente feriti”. Almeno venti ambulanze, dirette alla piazza per soccorrere i contusi, sono state respinte dai poliziotti. “Mi hanno fermato e hanno costretto le persone ferite che trasportavo a scendere dal mezzo”. È la testimonianza shock di un uomo che guidava una delle ambulanze. La polizia non si è fermata qui, ma ha raggiunto alcuni villaggi vicini per cercare i dimostranti sfuggiti alla retata. 
Il governo non ha ancora commentato l’accaduto, ma il Bahrein è una polveriera pronta a esplodere ancora. Le proteste sono guidate dall’opposizione sciita. Gli sciiti sono almeno il 70 per cento della popolazione, ma il regime di Al Khalifa è sunnita e "non rispecchia la volontà del popolo". C’è di più. Come sempre avviene in paesi ricchi di petrolio come il Bahrein, a essere messi in pericolo sono gli interessi dei paesi occidentali, Stati Uniti in primis. In passato, infatti, il "Regno dei due mari" ha concesso una base navale agli Usa per dimostrare la sua politica filo-occidentale.
Una vittoria degli sciiti al governo del Bahrein, secondo Juan Cole, professore di storia del Medio Oriente e dell’Asia del Sud all’Università del Michigan, rovinerebbe i piani. Gli sciiti potrebbero decidere di chiudere la base americana, fondamentale agli Usa per mantenere un occhio vigile su quella parte dell’Asia. Non solo, sarebbe probabile un riavvicinamento all’Iran di Ahmadinejad, con cui il Bahrein aveva rotto nel 2009 l’accordo sull’importazione del gas naturale. Proprio l’Iran dove gli Sciiti sono il novanta per cento della popolazione. E incoraggiare, perché no, altre rivolte di sciiti in paesi dove essi sono minoranze come il Kuwait, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.

LUDOVICA CRISCITIELLO

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