venerdì 11 febbraio 2011

Mediterraneo in fiamme: domani tocca all'Algeria?

Cambiare il sistema" per porre fine a 12 anni di oppressione: l’Algeria si prepara alla protesta e la capitale, Algeri, in poco tempo è blindata dalle forze dell’ordine. Trentamila poliziotti sono posizionati nei punti caldi del Paese per evitare quanto successo al Cairo e in Tunisia, in vista della manifestazione antigovernativa organizzata per domani nella Capitale, che partirà da piazza Primo maggio. La protesta, che ha mosso i primi passi su Internet, nasce da un'idea del "Coordinamento nazionale per il Cambiamento e per la Democrazia", che critica la politica algerina. Da domani, per bloccare il corteo, verranno sospesi tutti i mezzi di trasporto pubblici che collegano la capitale al resto del Paese. L’Algeria, maggior esportatore di energia del Maghreb, il mese scorso ha contenuto con la violenza le proteste dovute all’aumento  dei prezzi di zucchero e olio da cucina. Almeno cinque persone sono morte e circa 800 sono rimaste ferite in manifestazioni contro la disoccupazione giovanile.
Nel tentativo di frenare il caos, spiega il britannico Guardian, il presidente della Repubblica algerina Abdelaziz Bouteflika ha chiesto di ridurre i prezzi promettendo nuovi posti di lavoro. Nonostante le settimane di scioperi, gli studiosi affermano che l'Algeria non ha visto una spontanea sollevazione popolare come in Tunisia o in Egitto, perché il Paese è ancora traumatizzato dal suo passato violento. Più di un milione di cittadini sono stati uccisi nella lotta per l'indipendenza dalla Francia nel 1962, circa 200.000 durante la guerra civile del 1990.

L’Algeria è il principale esportatore di petrolio e gas e ha circa 150miliardi di dollari in riserve monetarie straniere, un debito estero pressoché inesistente e una crescita economica prevista del 4% nel 2011. Nonostante ciò, la crescita non si è mai tradotta in un miglioramento degli standard di vita della popolazione: l'economia non modernizzata e l’’ccessiva burocrazia creano poco lavoro. E’ un paese di 25,5 milioni, di abitanti dove quasi metà della popolazione è sotto i 25 anni e la disoccupazione giovanile è oltre il 35%, con un flusso costante di giovani disperati che tentano di scappare dal paese su imbarcazioni di fortuna. "L'Algeria ha bisogno di una rivoluzione, non solo la revoca dello stato di emergenza", ha detto Hocine Zehouane, presidente della Lega algerina per i diritti dell'uomo, uno dei gruppi che organizzano i cortei. Mansouria Mokhefi, analista del Maghreb presso l'Istituto francese di relazioni internazionali, ha dichiarato al Guardian: "Non credo che la situazione in Algeria sarà come quella della Tunisia, non c'è la spontaneità della protesta. Gli algerini vivono sotto una dittatura, ma il loro caso è diverso. È un paese molto più ricco, in grado di ridistribuire le ricchezze per alleviare la frustrazione, la preoccupazioni e la  miseria. Inoltre, l'esercito è molto più forte. In Algeria l'esercito è onnipotente, ha le redini del potere, sia politico che economico. L'esercito ha una lunga esperienza di repressione e non si è trattenuto durante le proteste di gennaio".

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